La Parrocchia, dedicata a San Gaudenzio, nasce ufficialmente nel 1583, tenendo conto che Cavallirio già dal 13 luglio 1536 era territorio autonomo da Romagnano Sesia. Dalla visita pastorale del vescovo Speciano (1590) si rileva che la chiesa era in fase di ristrutturazione , opera seguita da altre nel corso dei secoli. Un’altra visita pastorale del 1698 ad opera dell’arcivescovo Visconti riferisce che è costruita a due navate. Il parroco Ferrera la portò a tre navate.

 

Una documentazione preziosa è lasciata dal vescovo Carlo Bascapè (1594 – 1599) nell’opera intitolata Novaria seu De Ecclesia Novariensi, descrivendo la zona del “Vicariato di Romagnano Sesia” parla, tra l’altro, di Cavallirio riferendo “Cavallirio, che in antiche carte viene chiamato «Caballi Regis» perchè ivi forse i cavalli di qualche Re d’Italia o Imperatore si tenessero al pascolo” (trad. del Ravizza). Si fa notare come la storia della chiesa sia intimamente legata alle origini del paese. In questo periodo è già presente il portico antistante l’ingresso. All’interno vi sono opere di rilievo come la “Gloria di San Gaudenzio” del 1816 di Giovanni Velatta di Cellio. Le tele, collocate nelle Cappelle dello Spirito Santo e del Rosario, sono di Andrea Miglio (XIX secolo). Il pulpito ottocentesco è del Longhetti di Varallo. Suggestiva è la Cupola, opera del romagnanese Tarquinio Grassi (1714 - 1720) che rappresenta la SS. Trinità. Sono attribuibili a Lorenzo Peracino (circa 1770), ai quattro angoli della Cupola, le Tre Virtù Teologali e l’insieme delle QuattroVirtù Cardinali. È del 1827 il Battistero, opera di Martino Cassina e Antonio Imbrico, mentre il coro risale al 1841.

 

Per quanto riguarda l’organo i primi documenti dell’Archivio Parrocchiale risalgono al 1837, restaurato dall’organaro Velatta e con un intervento successivo del Mentasti nel 1900. Successivamente non ha subito alcun intervento. Ancora si conserva il pavimento a mosaico opera dell’Avon, artista che lavorò al Duomo di Novara, suggestiva è la scritta nell’atrio hic Domus Dei est et Porta Coeli..L’attuale campanile è datato 1774 ed è alto 37 metri.  La graziosa cappelletta dell’ Ossario si trova nell’area dell’antico cimitero verso sud addossata al muro di cinta. Le prime notizie risalgono al 1698, in cui è citato dal vescovo Giovanni Battista Visconti nella relazione della visita pastorale del 26 aprile. Ugualmente viene menzionato dal sacerdote Gilardone nell’inventario dello stesso anno. Interessante ricordare la presenza di due stanziole sottostanti in cui veniva riposto il vino, raccolto in elemosina in tre vascelli delle Confraternite.

 

Nella visita pastorale del vesc ovo Balbis Bertone del 1763 è segnalato il dipinto con la Resurrezione della carne e il Purgatorio e la presenza di ossa e teschi disposti secondo le regole. La volta risultava priva di affreschi, mentre quelli più recenti rispetto a quelli sottostanti, sono ancora ben conservati e rappresentano i nove cieli e le gerarchie angeliche. Al centro appare la splendente colomba bianca dello Spirito Santo. Ricordiamo che gli affreschi erano una sorta di Bibbia illustrata volta a una popolazione poco alfabetizzata., per cui gli affreschi sulle pareti dovevano apparire come insegnamento e monito. Di grande suggestione è il Giudizio Universale rappresentato sulla parete destra in cui Cristo giudicante ha alla sua destra la Vergine e alla sinistra San Giovanni Battista: si tratta della desis ovvero la mediazione da loro operata. Purtroppo la Resurrectio carnis sottostante, con una impressionante figura femminile nuda che si erge da un sepolcro è gravemente danneggiata. L’affresco sulla parete di fronte presenta un grande angelo che domina drammaticamente la scena. A destra, in basso, la classica scena di una Messa di suffragio o di “legato”, tradizione iniziata da papa Gregorio Magno. Secondo la nota storica dell’arte Marina dell’Omo, gli affreschi più antichi si riferirebbero alla cultura figurativa valsesiana che trova confronti nell’opera di Pier Francesco Gianoli da Campertogno (1624-1690).

Per quanto riguarda la cupola è possibile supporre che gli affreschi risalgano alla fine del XVIII secolo subendo ritocchi anche successivamente.


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